Io, centauro (sesta puntata)
domenica 3 febbraio 2008
VI Dinamica del gruppo in moto
Niente è più facile e istintivo che formare un gruppo di motociclisti pronti ad affrontare un viaggio in compagnia. L’unione di capacità diverse, il clima e il contesto geografico sconosciuto sono il vero esame di fronte al quale vengono messe alla prova le singole capacità fisiche, psichiche e comunicative.
Il gruppo offre protezione ma esige in cambio che tutti i suoi membri parlino il medesimo linguaggio e che lo rispettino.
La velocità ottimale di un insieme di motociclette è data dalla capacità del più veloce, in testa al gruppo, di mantenere il contatto visivo col secondo della fila e questi con il terzo e così via, con un intervallo di non meno di due secondi gli uni dagli altri.
In questo modo, in caso di improvvisa difficoltà, ogni manovra può essere eseguita in sicurezza e segnalata in tempo utile a chi segue. È evidente che in un gruppo non debbano esserci grandi differenze d’abilità ed esperienza ed è altrettanto ovvio che tutti dovranno accettare un compromesso per affrontare al meglio i continui problemi.
Nella gerarchia del gruppo in moto ci sono tre collocazioni diverse per responsabilità: la testa, la pancia e la coda.
Il primo, che occupa la posizione di maggior fatica, è colui che deve far collimare il percorso dai segni della carta a quelli della strada; deve porre attenzione a tutte le variazioni causate da interruzioni, indicazioni incerte o sbagliate e comunicare al secondo, con l’uso delle frecce direzionali, e anche con braccia e mani, la nuova variazione. Durante i lunghi viaggi il gruppo elegge istintivamente la propria guida, non solo per la sua capacità nell’andare veloce ma anche per l’affidabilità complessiva.
Il posto migliore per chi ha meno esperienza è sicuramente la “pancia” del gruppo: basta mantenere la distanza dal primo e segnalare a chi ci segue ogni informazione nel modo suddetto e il gioco è fatto.
Per chi chiude la fila il lavoro da svolgere è quello del “cane da pastore” perché è colui che con uno sguardo vede tutti i compagni e ciò che accade davanti.
Nell’attraversare i centri abitati, soprattutto ai semafori, sarà attento a non lasciar inserire in mezzo al gruppo altri veicoli che potrebbero dividere la fila e i suoi componenti. Nel caso vi siano sorpassi multipli, dovrà infine riportarsi velocemente in posizione, perché il momento buono per farlo potrebbe tardare parecchio e questo lo costringerà sempre a rincorrere gli altri.
Quando un gruppo è molto affiatato, il sistema più veloce e sicuro di procedere è il sistema militare, nel quale il primo e l’ultimo rimangono sempre nella stessa posizione mentre si alternano in rotazione tutti gli altri. Ad ogni variazione, incrocio o rotonda, il primo continua il percorso prescelto mentre il secondo si fermerà lasciandosi superare via via da tutto il gruppo e indicando la direzione presa dal battistrada. Si inserirà nuovamente nella penultima posizione così da attivare l’attenzione e l’avvicendamento di tutti nel cambio di posizione.
In viaggio
Una volta che innestiamo la prima, lasciando gentilmente la frizione, la moto comincia a borbottare nel linguaggio a noi familiare, inviando segnali in codice come per riattivare un abituale discorso interrotto con l’ultima sosta. Questo è un momento, anzi “il momento magico” per ogni motociclista, è proprio ora che sospendiamo il nostro essere pedestri, automobilisti, padri, mariti, impiegati, liberi professionisti, operai e tutto il resto e ci trasformiamo in motociclisti, moto-turisti, centauri, cafè-racer, tourers, easy-riders, bikers, motard… È esattamente in quest’attimo, quando la chiave gira e la voce del motore si libera, che quella cartella piena di quaderni del quotidiano vola via lontano…qualunque sia l’itinerario, la meta è già raggiunta!
Una volta preso il comando, lo sguardo, come un radar, vigila sull’orizzonte pronto a trasmettere i suoi ordini a piedi e mani. Il traffico delle città è senza dubbio il primo vero video-gioco dove il “nemico” è perennemente in agguato imponendoci uno stato continuo di allerta estenuante: incroci, traffico, velocità dei veicoli più grossi, un loro ipotetico sorpasso, pedoni risoluti al suicidio, ciclisti che mai hanno visto indiani in fila, camper sempre disposti a tenere la prima marcia, per sempre.
Quando invece avremo raggiunto quel punto in cui le strade cambiano il loro colore sulle carte geografiche, altri segni cattureranno la nostra attenzione.
Le condizioni e la qualità dell’asfalto vengono analizzate per prime: buche e toppe mal raccordate significano una pessima tenuta in curva e in frenata, il bitume troppo liscio non drena la pioggia e non aiuta nei bruschi rallentamenti; quello rugoso al contrario ha un’aderenza straordinaria, ma ha una grande fame di gomma.
Successivamente le curve monopolizzeranno l’attenzione della guida: raggi fissi, raggi variabili soprattutto sulle vecchie strade di montagna, curve cieche, curve aperte, curve con pendenza a uscire o a rientrare.
Dopo più di un’ora di viaggio (la prima è generalmente la tratta più lunga), gli occhi hanno svolto il lavoro più importante nell’elaborazione di tutti quei dati in grigio e hanno avuto solo una minima percezione dello scorrere del paesaggio. L’attenzione comincia a cedere per lasciare il passo alla stanchezza.
È il momento per effettuare una sosta richiesta da tutti i muscoli intorpiditi che urlano il ritorno a una posizione eretta e mobile.
In questo esatto momento scatta l’effetto funambolo: respingiamo, inconsciamente, l’ordine di interrompere quell’equilibrio conquistato alla gravità.
Frenare è arrendersi.
In gruppo, è buona abitudine fare il pieno con gli altri, anche se per pochi litri, perché sincronizzare le soste per il carburante consente di non frazionare eccessivamente le tratte del percorso scelto.
Continuiamo con la sesta puntata del racconto di Filippo Fantoni Io centauro, che comprende i paragrafi Dinamica del gruppo in moto e In viaggio.
Filippo Fantoni
Io, Centauro
(come diventare “vecchi”motociclisti)
Il disegno è sempre stato l’altra passione e anche lavoro per oltre
vent’anni.