Io, centauro (terza puntata)
domenica 6 gennaio 2008
III Itinerari e itineranti
Nel dizionario della lingua italiana si definisce con il termine turista un: «viaggiatore non mosso da motivi utilitari, bensì da scopi di svago o da interessi d’ordine culturale nei confronti dei luoghi visitati».
Questa definizione si adatta senza dubbio anche al motociclista, ma con un’aggiunta finale: «…nei confronti dei luoghi visitati e delle strade che li uniscono».
Sono proprio le strade che, nastri grigi nel paesaggio, imbastiscono tutte le storie di viaggio.
Il motociclista ama la strada come il marinaio il mare e ovviamente in questo rapporto c’è anche spazio per l’odio. Il primo lo manifesta nei confronti del traffico pesante, il secondo verso la forza del mare in tempesta ed entrambi, se stimolati, potrebbero parlare a lungo e nei più piccoli dettagli del loro habitat.
Il Centauro (è giunto il momento di chiamare le cose col loro vero nome) lega la propria passione e la propria storia di viaggiatore a questa lunga striscia d’asfalto che diventa un effettivo spazio migratorio.
Come per tutte le migrazioni questa avviene in primavera quando, sia per la temperatura mite, sia per la lunghezza delle giornate, l’uso della motocicletta sembra ideale anche per ridurre il rischio pioggia. Molto spesso ciò non corrisponde al vero, anzi le uscite più bagnate che ricordi hanno avuto luogo in giornate primaverili quando il sole del mattino sembrava splendere per l’eternità.
In questa stagione capita di incontrare un grande numero di motociclisti e il loro procedere e il loro incrociarsi assomiglia piuttosto al correre frenetico e all’accavallarsi di formiche sullo stelo di un fiore. Volendoli classificare per generi, si dovrà fare attenzione alle varie livree, alle diverse caratteristiche della loro attrezzatura, alla velocità e rumorosità dei loro mezzi.
I primi due generalmente optano per itinerari a segmento: si parte da A per arrivare a B e viceversa. La strada è solo asfalto, il suo contorno irrilevante.
L’ idea di un itinerario a segmento fa della moto un strumento di trasporto, ora veloce, ora alla moda, ora economico, ma sicuramente un mezzo, non un fine: non la moto per la moto.
La meta è l’obiettivo finale, l’importanza dell’esperienza termina col suo raggiungimento, il ritorno non fa parte del gioco ma è soltanto il suo azzeramento.
Gli itinerari con sviluppo circolare, in tutte le loro varianti, descrivono invece il viaggio come un evento più articolato nel rapporto spazio-tempo.
Cerchio, ruota, orologio, sono elementi che hanno una stretta connessione con l’Uomo in Moto, ne sottolineano la partecipazione a un evento ciclico quale il tempo, le stagioni, il rinnovarsi delle esperienze. La meta fa parte di questa linea curva, un punto fra i tanti di una circonferenza.
Ma torniamo ai nostri gruppi: i più numerosi e multicolori sono i cosiddetti valentino-replicanti, un tempo chiamati cafè-racer e si incontrano sui tornanti appenninici. È facilissimo riconoscerli mentre sfrecciano come tanti arlecchini dalle multicolori livree di pelle. Il loro procedere, schiacciati sul serbatoio e seduti su di una sella misogina e monastica, richiama e simula quel rincorrersi, ruota a ruota, tipico dei gran premi motociclistici. Lo straziante urlo dei loro motori terrorizza chiunque venga sorpassato e lo mette in guardia dal non provarci… nessuna distanza di sicurezza è prevista anzi, quello spazio è ancor più breve del loro motto:«una vita al massimo, ma per poco». Il loro genere di scorribande si caratterizza infatti per avere lunghissime soste ai box (piccoli bar sui passi dove si discute animatamente sull’ordine d’arrivo) ma non potrebbe essere diversamente, dato l’alto costo dei pneumatici e la scomodissima posizione di guida, più adatta alla velocità che alla resistenza.
Altra fazione consistente è quella dei mare-dipendenti per i quali il sole non soltanto è d’obbligo, ma scopo primario. Questi sciamano in coppia, raramente in gruppi numerosi, la moto per loro non è altro che un lettino da ultravioletti; si dedicano all’abbronzatura sin dalla partenza, continuando per il resto del giorno e si accorgono delle scottature solo al rientro in garage sul far della sera, quando cesserà l’effetto refrigerante della velocità.
Grande rispetto è dovuto però alle loro compagne, così devote e affezionate da farsi chilometri e chilometri appollaiate su un minuscolo rettangolo di spugna chiamato sellino del passeggero, avvinghiate al loro centauro in posizione uovo e con la la schiena sempre rigorosamente nuda.
Se i motociclisti finora descritti si incontrano frequentemente nei tracciati a segmento, più adeguati alle loro scelte, utilizzatori del moto circolare sono quasi sempre i moto-passisti che, non vistosi per carattere, scendono in strada con tutte le stagioni.
Viaggiano in piccoli gruppi, molto spesso da soli; le partenze, soprattutto quando fa molto caldo, hanno luogo all’alba ma non escludono il tramonto o persino la notte per affrontare i trasferimenti e non temono la pioggia anzi, questa ne sottolinea la diversità.
Le loro velocità di crociera sono al limite dello stallo e il modo di procedere pericolosissimo per chi li segue. Può infatti accadere che, fra le tante cose a cui amano dedicarsi durante il viaggio, vi sia per esempio l’entomologia e quindi è sempre possibile che si attacchino ai freni per osservare un cerambice che attraversi la strada.
Alcuni, misantropi irriducibili, non risponderanno mai e poi mai a un lampeggio; se poi incrociandoli, vi venisse voglia di salutarli con le dita a “V “, vi guarderanno in modo torvo come per dire: Prego? Ci hanno mai presentato?
Le loro motociclette, spesso antiquate (una moto nuova di pacca desta invidia ma non rispetto) sono estensioni della personalità marcate dal tempo e dalle decalcomanie dei viaggi compiuti.
Ogni escursione finisce con una caccia frenetica all’adesivo che, raro da reperire, è divenuto oggetto di culto e di furto.
Borse e bauletti, con le loro vaste superfici, sono gli spazi sui quali rimangono le tracce più visibili del pellegrinare e dove gli adesivi, ricevute di un’esistenza girovaga, attestano il vissuto documentando escursioni, incontri, luoghi e i chilometri percorsi.
Fra quelli più comuni vi si possono riconoscere: la testa del Moro Corso, stelle alpine varie, le Dolomiti da tutte le angolazioni, i fari, ormai rari, quasi tutti i passi alpini, ma anche i bollini adesivi dei pedaggi autostradali, i campeggi e gli oramai rarissimi adesivi degli alberghi di lusso.
Se tutto ciò accade sulla superficie di un bagaglio, si può immaginare che cosa avvenga al loro interno. Le capacità dell’uomo di saturare in breve tempo lo spazio che vive è davvero straordinaria e senza limiti.
Guardare dentro queste moto-valigie desta sicuramente una curiosità d’antropologo. Sarà sempre presente un vasto campionario di cinghie elastiche, cavi per batterie, carte geografiche consunte, attrezzi vari, conti di trattorie, contenitori per olio-motore e non mancheranno sicuramente vecchi giornali, sgualcite guide del Touring Club e coperte “nonsisamai”.
Non vanno poi dimenticate viti, molle e rondelle a volontà.
All’occorrenza però queste valigie possono trasformarsi in cantine da riempire con formaggi locali, forme di pane con noci, olive e patate ma anche ciliegie o castagne a seconda della stagione e dell’itinerario prescelto.
Il disegno è sempre stato l’altra passione e anche lavoro per oltre
vent’anni.
Filippo Fantoni
Io, Centauro
(come diventare “vecchi”motociclisti)
Continuiamo con la terza puntata del racconto di Filippo Fantoni Io centauro, che comprende il paragrafo Itinerari e itineranti.